L’Atanor è il fornello usato dagli alchimisti per le loro operazioni di trasmutazione della materia. Come nelle mitologie antiche che associavano il forno e il recipiente alla scienza culinaria e all’arte magica, anche l’Atanor e l’alambicco che esso riscalda conservano anch’essi, per gli alchimisti, il potere della metamorfosi. I simboli attraversano le epoche, ma nel farlo conservano il loro nucleo archetipico, l’esperienza primordiale che li lega a un fenomeno originario della natura.
Nel folklore medioevale il fornello con il calderone esposto alla fiamma è simbolo dell’attività della megera, strettamente connesso alle pratiche magiche. Presto esso diviene lo strumento principe dei maestri trasmutatori, il mezzo attraverso il quale essi raggiungono l’opus magnum. L’Atanor, sul quale era posto l’«uovo filosofico», cioè l’alambicco, con il fuoco che lo alimenta è come un Sole nel microcosmo del laboratorio alchemico, elemento maschile cui corrisponde il simbolo uterino dell’uovo capace di una sorta di gestazione della materia. L’alambicco esposto al fuoco, come il ventre della donna, trasforma ciò che contiene e ne sublima la sostanza col sapiente uso dell’energia. Esposto al calore che lo feconda e vi infonde la vita, nell’alambicco si attiva il processo di decomposizione e di successiva sublimazione della materia che conduce l’alchimista allo stadio ultimo della trasmutazione, la Grande opera, il raggiungimento della Pietra filosofale.
Nel microcosmo del laboratorio alchimico la dinamica degli opposti, il maschile e il femminile, il fuoco-sole e l’uovo-ventre, ripete il processo di generazione che, nel macrocosmo, è proprio della Natura. L’alchimista con il suo sforzo cerca di attivare quelle forze opposte e coessenziali attraverso le quali la materia corrotta, dissolta, putrefatta, ridotta cioè alle sue parti elementari ed equivalente dell’humus della terra da cui origina la vita (fase detta della nigredo o «opera al nero»), si purifica e si sublima nella fase dell’albedo, detta «opera al bianco», per giungere infine alla ricomposizione degli elementi e alla loro fissazione con l’«opera al rosso», ossia la rubedo.
È un’operazione nella quale, contemporaneamente ai processi chimici materiali, giocano un ruolo centrale la simbologia e le proiezioni della psiche. Attraverso i simboli si cerca di interpretare il processo creativo della Natura e di replicarlo nel laboratorio. I simboli diventano medium attraverso i quali il maestro cerca di carpire i segreti celati nel mondo naturale e di appropriarsi della forza vitale in esso latente. La ricerca sui processi di trasmutazione della materia va di pari passo con l’indagine e il recupero delle antiche simbologie. Non meraviglia quindi che nel suo sistema esoterico si rinvengano immagini e significati depositati nel profondo della storia e dell’inconscio umano.